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La denigrazione sessuale maschile nelle relazioni disfunzionali: una forma sottovalutata di violenza psicologica

La denigrazione sessuale maschile è una delle forme più insidiose di violenza emotiva esercitata da un partner che utilizza la sessualità come strumento di manipolazione, per sminuire, controllare e destabilizzare l’altro. In particolare, all’interno di relazioni disfunzionali caratterizzate da dinamiche isterico-borderline, non è infrequente osservare comportamenti femminili fortemente svalutanti nei confronti dell’uomo, con una ricorrenza significativa di attacchi mirati all’identità sessuale e alla virilità del partner.

Si tratta di una dinamica che emerge sempre più spesso dai racconti delle persone coinvolte in questo tipi di relazioni così drammatiche e dolorose.

Sessualità come strumento di dominio psichico

La sessualità, come descritto da Otto Kernberg (1995), può diventare veicolo di agiti distruttivi nelle relazioni caratterizzate da organizzazioni borderline o narcisistiche*. In questi casi, essa non è più uno spazio di intimità, ma una scena in cui si esercita potere. L’uomo è oggetto di micro-attacchi continui: ironie sull’atto sessuale, paragoni svalutanti, ritiro affettivo strategico, alternanza tra seduzione e rifiuto. Il messaggio reiterato è: “non sei abbastanza uomo”.

Questo tipo di attacco non è solo relazionale, ma colpisce direttamente la strutturazione dell’identità sessuale, in particolare nei soggetti maschili con un Super-Io rigido o già fragilizzati da storie di dipendenza affettiva. Il ciclo idealizzazione–svalutazione–scarto, teorizzato da Kernberg e tipico delle relazioni narcisistiche, è spesso presente in modo marcato.

Il gaslighting sessuale e il collasso dell’identità

Le tipiche tecniche di manipolazione come il gaslighting in questo tipo di dinamica si concentra sugli aspetti sessuali del partner, che viene indotto a dubitare della sua identità maschile e della sua capacità di provvedere alla partner: la svalutazione sottile, insinuante, ambigua, che mina il senso di desiderabilità e virilità del partner. Secondo Harold Searles (1979), alcune personalità agiscono inconsciamente meccanismi di controllo attraverso la confusione relazionale e la manipolazione emotiva dell’altro. In origine osservati nel setting analitico — dove il paziente tenta di dominare l’analista per difendersi dal proprio caos interno — questi meccanismi si riscontrano anche in relazioni affettive disfunzionali, dove l’ambiguità comunicativa diventa un’arma di dominio sottile. Applicata al campo sessuale, questa dinamica produce nell’uomo una disintegrazione dell’identità virile, generando ansia, impotenza e senso di inadeguatezza profonda.

Violenza invisibile e negazione culturale

Il maschile, come sottolinea Claudio Risé in L’ombra del padre (1991), è stato progressivamente marginalizzato nella cultura contemporanea, privato della sua funzione simbolica, educativa e contenitiva. L’assenza del padre reale e simbolico nella strutturazione del Sé non riguarda solo i figli, ma si riflette anche nelle relazioni adulte, dove la figura maschile viene spesso svuotata di valore, oppure ridicolizzata.

In un contesto culturale in cui — giustamente — la sensibilità verso le forme di violenza sulle donne ha acquisito centralità, anche in ragione della loro possibile evoluzione in esiti tragici come il femminicidio, le sofferenze maschili — soprattutto quando legate alla fragilità emotiva o all’umiliazione sessuale — tendono invece a passare in secondo piano, sottovalutate o ricondotte a una mera “carenza di virilità”.

Questo non per malafede, ma perché l’impianto simbolico-culturale associa ancora la virilità a invulnerabilità, potenza e dominio, e legge la vulnerabilità come un tratto “non virile”, quindi indegno o colpevole.

Questa inaccettabilità della vulnerabilità è la base del narcisismo isterico collettivo e riguarda uomini e donne.

In questa prospettiva quindi, il machismo non danneggia solo le donne: danneggia anche — e profondamente — gli uomini, negando loro la possibilità di essere riconosciuti nella loro fragilità e di ricevere legittimazione come vittime. Ma colpisce anche le donne stesse, quando interiorizzano l’idea che forza, controllo e autonomia debbano coincidere con il rifiuto dell’accoglienza, della cura e della reciprocità.

Di conseguenza, quando la violenza psicologica o sessuale è agita dalla partner nei confronti dell’uomo, essa tende ad essere minimizzata, negata o ridicolizzata, non solo nel discorso pubblico, ma anche — in alcuni casi — nella pratica clinica, dove il soggetto maschile viene talvolta letto solo come parte attiva o conflittuale, e non anche come possibile vittima di dinamiche relazionali manipolative e denigranti.

La letteratura sistemico-relazionale (Minuchin, Bowen) ha mostrato come le dinamiche di potere nella coppia possano essere agite da entrambi i membri, ma ciò resta ancora scarsamente riconosciuto nei modelli centrati esclusivamente sulla vittimizzazione femminile.

Donne violente

Origini psicodinamiche della denigrazione del maschile

Le donne che agiscono questi comportamenti denigranti presentano frequentemente tratti isterico-narcisistici-borderline. Melanie Klein (con le sue teorie oggettuali) e Nancy McWilliams (esperta di narcisismo a livello internazionale)  descrivono questa struttura come caratterizzata da oscillazioni tra idealizzazione e distruttività, difficoltà di integrazione oggettuale e intolleranza alla vulnerabilità. La figura maschile, se debole o non sufficientemente “fallica”, viene attaccata come proiezione del padre vissuto come deludente, assente o impotente.

Queste pazienti spesso provengono da storie familiari in cui la figura paterna è stata percepita come inadeguata o eccessivamente idealizzata. Da qui nasce un doppio movimento inconscio: da un lato, cercano uomini fragili per poter esercitare controllo (un meccanismo difensivo di evitamento dell’abbandono); dall’altro, sviluppano odio inconscio per quella stessa fragilità che evocano e che percepiscono come castrante o indegna del loro desiderio.

Questo meccanismo ricorda il concetto di relazione oggettuale patologica, in cui l’altro non è vissuto come soggetto separato, ma come estensione o oggetto da manipolare per regolare il proprio senso di sé (Fairbairn, 1952; Kohut, 1971).

Per approfondimenti sul narcisismo femminile: leggi questo articolo...

Il paradosso isterico: scegliere il debole, disprezzare il debole

Come già teorizzato da Pierre Marty nel contesto della psicosomatica, il corpo e la sessualità diventano strumenti comunicativi per conflitti profondi. La donna che non tollera il maschile indipendente sceglie partner remissivi per evitare il vissuto traumatico del rifiuto o dell’invasione, ma poi li disprezza perché non riescono a contenerla né a “penetrarla” — nel senso simbolico, affettivo e sessuale. Il desiderio isterico si fonda su questo doppio movimento: richiedere un Altro potente e poi aggredirlo quando manifesta il proprio limite.

I narcisisti

Conclusione: un lavoro terapeutico complesso

Riconoscere queste dinamiche come forme di violenza relazionale richiede un superamento dei pregiudizi di genere nella clinica. L’uomo che subisce umiliazione sessuale deve essere riconosciuto come portatore di una sofferenza reale e profonda. Il lavoro terapeutico — come suggerito da Giovanni Liotti e Daniel Stern — dovrà agire sia sul piano della regolazione emotiva che su quello narrativo-identitario, aiutando il paziente a ricostruire un’immagine di sé integra, differenziata e non basata sull’approvazione dell’Altro.

Parallelamente, le pazienti che agiscono violenza denigrante devono essere aiutate a riconoscere i meccanismi proiettivi, la scissione, l’intolleranza alla dipendenza e alla reciprocità. Solo un lavoro profondo, sul versante del transfert e della riparazione, può interrompere il ciclo della distruzione reciproca.

La denigrazione sessuale del maschile può generare negli uomini dei disturbi sessuali transitori post-traumatici.

A tal riguardo ho scritto un e-book sui disturbi sessuali maschili : SOTTO LA LENTE COMPRENDERE E SUPERARE I DISTURBI SESSUALI MASCHILI CON L’APPROCCIO INTEGRATO”

*Organizzazione borderline:

In pazienti con organizzazione borderline, la sessualità può essere usata per controllare o manipolare il partner, per colmare un vuoto affettivo o per evitare l’angoscia di abbandono. L’instabilità emotiva e le difficoltà relazionali tipiche di questa organizzazione possono portare a comportamenti sessuali impulsivi e disfunzionali.

Organizzazione narcisistica:

Nei pazienti narcisisti, la sessualità può essere utilizzata per confermare la propria grandiosità e superiorità, per cercare ammirazione e per sfruttare il partner per i propri bisogni, senza considerare i suoi bisogni o sentimenti. La mancanza di empatia e la tendenza a idealizzare e svalutare il partner sono caratteristiche che possono portare a relazioni sessuali dannose e distruttive.

Esempio

Bibliografia essenziale:

  • Risé, C. (1991). L’ombra del padre. Padri, figli e la crisi dell’Occidente. Edizioni San Paolo.
  • Kernberg, O. (1995). Disturbi gravi della personalità. Cortina Editore.
  • Klein, M. (1946). Note su alcuni meccanismi schizoidi.
  • McWilliams, N. (2011). Psicopatologia psicoanalitica. Astrolabio.
  • Fairbairn, W.R.D. (1952). Psicoanalisi delle relazioni oggettuali.
  • Kohut, H. (1971). The Analysis of the Self.
  • Searles, H. (1979). Il paziente come terapeuta del suo analista.
  • Liotti, G. (2001). Attaccamento e intersoggettività.
  • Stern, D. (2004). Il momento presente in psicoterapia.

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