Dott.ssa Silvia Michelini     info@vittimedinarcisismo.com

Chiama: +39 339 8873385

Una vittima di abuso nella giungla del web: un viaggio nella scelta della terapia giusta per il trauma complesso (C-PTSD).
Scritto ascoltando: Avalanche (Dirk Maassen, Lorenz Dangel, Deutsches Filmorchester Babelsberg.
Il Trauma da Abuso (fisico, psicologico, affettivo, sessuale) è causa di una profonda, lenta ed insidiosa forma di sofferenza emotiva e psicologica che se reiterata nel tempo (trauma cumulativo) può cronicizzarsi ed avere gravi conseguenze sulla salute mentale e sul benessere emotivo delle persone coinvolte.
Chi ha vissuto per lungo tempo a contatto con una persona affetta da un disturbo di personalità grave (genitore, fratello/sorella o partner) entra nel vortice delle sue paranoie e delle sue rigidità, si scontra con i propri valori morali, subisce la tortura dei silenzi prolungati, le minacce, (qualche volta le percosse), i ricatti affettivi, le triangolazioni, la manipolazione mentale e con il tempo … si abitua, pensa che quella sia la normalità, pensa che sia colpa sua, che sia quello che merita perché l’unica realtà che vive è quella; inizia a manifestare una grande stanchezza fisica, confusione mentale, può ammalarsi di ansia, depressione, dissociazione, disturbi psicosomatici, sviluppare un forte evitamento, attacchi di panico, claustrofobia e alla lunga esitare in un disturbo post-traumatico da stress cronico.
La prima cosa che fa quella persona, un po’ per vergogna, un po’ per paura è tenersi tutto dentro, ma a un certo punto inizia a cercare su Google, “cosa mi sta succedendo”? “chi è questa persona”? questi sintomi sono normali?
E’ il momento in cui vuole risvegliarsi ed è un momento cruciale, ma non sempre si incappa nella persona giusta o si trovano articoli e testi di qualità, persino da fonti ufficiali; nella disperazione e la paura si rischia di cadere vittime della disinformazione, dei mille offerenti, tra cui alcune ex-vittime, sicuramente in buonissima fede, che per voglia di riscatto personale (o dalla non troppo celata sete di vendetta) aprono pagine sul trauma e sul narcisismo, rispondono a domande sui siti come esperti, anche se sono auto-didatta. Si presentano in modo umile (ti aiuto a superare come ho fatto io, io non sono nessuno) e nulla di male fare peer tutoring, gruppi condivisione, peccato che poi ti si scagliano contro come faine se provi a dare un parere contrario o se commenti qualcosa.
Essere appassionati di Trauma o di Psicologia non ci rende Psicologi, neanche essere Psicologi ci rende Psicologi perché poi bisogna imparare a farlo, sempre se ne posseggano le qualità; forse solo un genio con un QI altissimo (ma forse) potrebbe arrivare come autodidatta a comprendere bene tutte le dinamiche insidiose che si celano dietro le problematiche psicologiche, ma mancherebbe comunque di strumenti per non colludere col paziente. Non basta cioè studiare cosa siano i disturbi, mimare le tecniche, conoscerne le caratteristiche etc., occorre l’esperienza clinica, l’aver osservato come quando e perché accadono certi passaggi, avere studiato in modo specifico quel tema, avere sofferto anni con i pazienti, prevedere le traiettorie, fare una terapia personale, costante aggiornamento e poter avere anche un supervisore.
Praticamente vivi per questo. Spendi quasi il 60 percento di ciò che guadagni….Ma a chi va? Meglio farsi una paginetta su Instagram e poi uscire a cena, andarsene in vacanza o guadagnare dagli sponsor.
Eh sì perché in questo ambito i soldi di famiglia fanno la differenza, dato che le campagne Instagram e Google sono molto costose.
I più bravi (se sono poveri o impegnati tutto il giorno coi pazienti), rischiate di non trovarli. Paradossale.
Io, come altri professionisti, faccio una fatica improba per tenere attivi i social, per scrivere qualcosa di scientifico ma che sia alla portata di tutti, nonostante 8 ore di clinica al giorno, anche ora sto occupando le mie ore libere per questo, perché come diceva Freud, le passioni ti trovano e poi ti divorano. Ma io sono felicissima di farlo.
Alcuni dicono “fatti una vita”, come se essere persone serie (o ambire ad esserlo quanto più possibile) ormai significhi essere “pesanti e noiosi”; io, come altri professionisti trovo il tempo anche per vivere per essere leggera, per scontrarmi con la realtà, anche perché se un terapeuta non vive non può aiutare nessuno perché non sa assolutamente nulla di cosa accada fuori da quella bella porta dello “studio di protezione”.
Una cosa va detta, rispetto ad alcuni rigidi impostati colleghi, molto spesso, influencer e guru hanno un merito: l’intelligenza di comprendere cosa le persone vogliono sapere e saper instaurare un dialogo simmetrico, diretto; sanno come parlare, conoscono le leggi dei social e inoltre sono carismatici, a volte anche empatici (ma non credo che una persona con un livello di empatia e coscienza alto dormirebbe sereno sapendo di intervenire sulle persone senza l’adeguata preparazione per capire se a quella persona basta il sostegno di un ascolto attivo o serve un intervento più specifico). In altri casi, influencer vari puntano sulla simpatia oppure sull’offerta di soluzioni definitive e facili. Tra i più pericolosi (anche psicologi) ci sono quelli che consigliano come vendicarsi, come far soffrire l’ipotetico narcisista o come “riprenderselo/a e dominarlo/a”. A volte è necessario contro-manipolare perché sì, in certi casi occorre difendersi da genitori, fratelli, partner con caratteriopatie GRAVI, con un alto grado di aggressività, scarsa empatia e conseguente pericolosità, ma ciò non ha nulla a che vedere con l’intento malevolo e controproducente di vendicarsi, controllare un partner, etc, anche perché è ciò che mantiene la persona nella dinamica che vuole l’abusante.
L’ODIO E’ AMORE CHE VIAGGIA SU ALTRE FREQUENZE, mi pare citasse una canzone di un rapper (Nitro).
IL CONTRARIO DELL’AMORE QUINDI NON E’ L’ODIO, MA IL DISTACCO COMPASSIONEVOLE.

La colpa è di tutti noi, noi che abbiamo scritto e divulgato letteratura scientifica gratuitamente sul web, che abbiamo cercato di scrivere contenuti accattivanti per renderli fruibili.. adeguandoci alle esigenze dei social, finché i social hanno iniziato a definire chi siamo noi ed intrappolarci in una patetica vetrina, che restituisce un’immagine grottesca e ridicola della psicologia, una visione esasperata e distorta quasi fossimo sul set del video (che ad oggi direi futuristico) “black hole sun dei soundgarden”, che vi consiglio di vedere. Siamo prodotti, non più soggetti, ma oggetti.
Alla fine ci siamo trovati TUTTI in un panorama di pesantissimo riduzionismo dei contenuti e delle spessore culturale che ne deriva.
Siamo stati smembrati in tanti piccoli pezzettini e fluttuiamo nel caos.
Speriamo come diceva Nietzsche che “dal caos partoriremo una stella danzante”, ma credo che sarà la terra in realtà a partorirci presto. Come feti abortiti però. Invasori incoscienti e ignari di chi siamo e quale sia il nostro compito sulla terra.
A nulla è servita una pandemia, le guerre, i cambiamenti della società, della cultura, del clima, noi siamo ciechi e sordi, ma purtroppo non muti, noi siamo ancora qui più mitomani che mai nella piccola zona di comfort della nostra stanzetta, che è il nostro Io ipertrofico. Non è colpa nostra ci hanno convinti che con l’impegno potevamo tutto. Come citava la famosa pubblicità “l’Oreal perché IO VALGO”, ma il punto è valgo in base a quanti mi guardano, non in base a ciò che sono e faccio (apparire vs essere).
Questa orgia di contenuti frammentati e galleggianti, (sul web come nel nostro cervello) manca tuttavia di integrazione, manca di una linea di demarcazione tra finzione, mimica e realtà, pertanto la demonizzazione e il contagio paranoide ha preso piede; milioni di persone hanno potuto erudirsi su google e divenire tutti un po’ psicologi, tanto che io (come altri colleghi) faccio fatica a studio a contestare le diagnosi dei miei pazienti, convinti che hanno ragione loro, fino alla fine.
Per carità è ammirevole che una persona si faccia una sua idea, cerchi di capire, ma ogni ruolo poi ha i suoi confini; forse queste persone si sono rapportate con colleghi poco pronti o reattivi di conseguenza hanno iniziato a “fare da soli”.
In altri casi la vittima di abuso affettivo (non grave) spesso collude col l’aggressore addossandosi il ruolo della “psicologa/o di coppia” .
La frase che mi sento dire spesso è “ma lei forse sbaglia, perché io ho letto che…”.
Alcuni quando scoprono che avevo ragione (bruttissima posizione), spariscono, svalutano il terapeuta o scappano (sei forte e meritevole di stima finché colludi con le loro idee, senno non vali nulla) e devo dire che gli uomini vittime di abuso (genitoriale/partner) in questo hanno molta più umiltà e coraggio di dire “volevo quella donna e ho sopportato l’indicibile”. “Dottoressa io non riesco a fare ciò che lei chiede, quasi certamente la rivedrò”.
Noi donne a volte non accettiamo di non essere perfette (colpa della cultura), di non essere state noi a capire come gestire un partner, perché veniamo cresciute e associate solo alle qualità di comprensione e accudimento, “curo ergo sum”, perché possediamo una sorta di mitomania interna innata: noi possiamo generare o dare la morte, noi non possiamo accettare che una persona che amiamo non può cambiare col nostro amore, non possiamo accettare che sebbene sappia mimare bene un’interazione in realtà si tratta di uno spaccato attoriale, perché poi quella persona ha rigidità, traumi, disturbi e carenze empatiche che rendono impossibile l’apprendimento e la comunicazione.
Non c’è più grande senso di impotenza che si possa sperimentare pari a quello dell’incomunicabilità. Noi siamo esseri sociali e nasciamo con questa necessità.
Rispetto all’amore, non possiamo accettare che le nostre proiezioni romantiche possano essere pericolose a tal punto da farci rimettere la salute.
Per l’uomo non è diverso, spesso non può accettare di non essere un eroe, soprattutto se in famiglia qualche mamma depressa lo ha investito di questo ruolo e un padre assente non l’ha salvato. Anche lui vuole essere visto.
Si tratta di proiezioni romanzate, che riguardano sia il rapporto coi genitori che quello con i partner; la colpa di chi è?
Delle credenze popolari, della letteratura, della chiesa, del cinema, dei cartoni animati che collegano la felicità allo sforzo, l’amore al pathos, il peccato alla redenzione; è colpa della segregazione di genere, del masochismo relazionale indotto dalla cultura cristiana del senso di colpa, della trasmissione intergenerazionale di schemi di relazione basati sulla sottomissione della donna in certe comunità, della cultura della prestazione della forza e della negazione della vulnerabilità che schiaccia gli uomini, della convinzione positivista filo-americana che “se mi impegno, devo riuscire”, del “chi l’ha dura la vince”… sì ma su un obiettivo commisurato e valutato. Negli altri casi chi l’ha dura con qualcuno che sta molto male, si ammala o rischia traiettorie evolutive drammatiche nel tentativo ostinato di “voler vincere”.
E ricordate una cosa, vengono prima i vostri figli dei partner e non vi celate dietro quell’assurdità del “non voler togliere una madre/padre” ai vostri figli. Siete voi che avete bisogno/paura di lei o di lui. Nessuna separazione di coppia contamina la Gestalt Genitoriale di chi vuol proseguire a fare il genitore, a meno che voi non abbiate messo i vostri figli dentro quella della coppia o ancora peggio nel vostro Io o in quello del partner.
E se questi genitori stanno male, devono curarsi, sempre che qualcuno tra psicologi, psichiatri e assistenti sociali, se ne accorga. In caso contrario, cominciate voi.
“A volte amiamo talmente tanto qualcuno, che per mantenerne l’idealizzazione preferiamo uccidere noi stessi pur di non ammettere il fallimento della relazione”. (Silvia Michelini)
Non è questa una delle più alte forme di narcisismo esistenti?
Il punto è che Dio non esiste (almeno per me, io credo nella magia insita nella Natura), ma da bambini, ci avevano promesso che se ci fossimo comportati bene avremmo avuto una vita priva di pericoli, forse non oggi ma domani.. anzi più soffro oggi e più mi guadagnerò il paradiso.
Ci hanno educato al pensiero magico.
Ma chi è questo Dio se non la rappresentazione di un padre idealizzato, assente, introvabile, a tratti sadico e narcisista che attraverso i suoi future faking e la sua ambiguità espressiva, ci mantiene in uno stato ipnoide e di dipendenza, che ci fa evitare di sentirci adulti e quindi grandi e quindi soli e quindi MORTALI.
Quale Dio permetterebbe che ciò che ha creato venga distrutto dall’uomo stesso? Se esiste davvero un Dio, come diceva Vasco Rossi in una famosa canzone, portatemelo perché vorrei parlarci.


Per alleggerire uso spesso questa battuta: Io ho frequentato la scuola delle suore Orsoline, per questo so benissimo che Dio non esiste 😀
Noi siamo esseri MORTALI e dipendiamo dall’aria che respiriamo, ma la diamo per scontata, anzi spesso tratteniamo il fiato fino a sera, passiamo vicino a un albero, ad un bosco, ad un lago e lo “vediamo”, ma non lo “sentiamo”.. siamo realmente vivi adesso?
Tutti moriremo
Anche tu che stai leggendo morirai.
Non si sa quando.
Non si sa come.
Fa paura. TANTO. Ammettilo. L’unico momento in cui senti che la vita può essere eterna e nessuno può toccarti è nel tuo letto oppure quando immagini una madre amorevole ed onnipotente come Maria e un padre onnipotente e saggio come Dio oppure più banalmente quando ti unisci sessualmente a chi ami. Quell’illusione di uterina perfezione però finisce presto. Siamo presto e nuovamente due entità distinte. Io non sono salvo, di chi è la colpa? Certamente di questa persona che ho davanti!

Esempio

Ma allora perché non proviamo ad affrontarle queste paure?
Preferiamo proiettare queste angosce sul persecutore giusto (il marito, la moglie, il capo, lo stato,…), nel tentativo di distruggere oggi i mostri del passato, ma non serve mettere in scena questa tragedia. Si può fare in terapia, con meno rischi e iniziare ad occuparsi di qualche attività che sia più utile per la comunità che farsi ammazzare (metaforicamente o letteralmente) da qualcuno che dice di amarci o peggio ancora da noi stessi.

LASCIATELI ANDARE VIA

Le donne sono mitomani perché posseggono una grande forza creatrice interna, ma una “madre” saggia sa che continuare ad innaffiare un terreno sterile farà solo disperdere acqua.
Non ha problemi ad ammettere di amare qualcuno che non può corrisponderla e affronta questo distacco con dignità.
Deve indirizzare la sua energia verso qualcosa di costruttivo o questa, si tramuta in una grande forza distruttrice, che alla fine rivolge verso se stessa e/o verso gli altri.
Diversa la storia con i genitori, (casi gravi di abuso) li entriamo in un panorama molto complesso fatto di ambivalenza di sentimenti, dissonanza cognitiva, vergogna, colpevolizzazioni, voglia di sembrare perfetti e moralmente integri; ci si immola in vari tentativi di recupero emotivo di relazioni che non sono mai esistite se non sul piano utilitaristico o violento e allora scegliamo l’auto-sabotamento, la castrazione psichica, la depressione, frequentiamo pseudo guru delle costellazioni familiari che considerano il trauma evolutivo una benedizione divina e altre forme di isterie mitomaniche socialmente condivise, nelle quali il perdono e il ricongiungimento col genitore fa parte della guarigione… ma perdonare non vuol dire “accettare”. Questi percorsi, riempiono solo le tasche di questi guru che promettono di ricongiungerti al tuo spirito guida divino, al tuo karma etc, ma di base ti riconducono solo verso il tuo trauma con un bel promemoria “io sono ancora qui che vogliamo fare”?.
Io morirò povera, ma integra. Non ci riesco a prendervi in giro, sono legata ad una visione biologica e antropologica dell’uomo che interagisce nel contesto sociale (approccio BIO-PSICO-SOCIALE), ma sono certa che questi guru o simili, forse credono realmente di potervi aiutare e se i loro percorsi vi aiutano sono contenta.
Immaginiamo tuttavia una ragazza che ha subito abusi dal padre, che viene costretta a fare pace col padre per guarire (letteralmente non metaforicamente), si tratta di dinamiche complesse, sono movimenti delicati, scelte molto rischiose che vanno monitorate.
Per carità i percorsi possono essere tutti interessanti, tutto può essere utile, io ho studiato psicologia esoterica per 3 anni, per curiosità mi sono fatta praticare di tutto, ipnosi regressiva, ipnosi ericksoniana, Theta Healing, ho partecipato ai gruppi di costellazioni familiari, assistito alle messe di guarigione, agli esorcismi, ho fatto percorsi di re-birthing, tarologia, floriterapia di Bach (provo tutto quello che non conosco come persona e terapeuta perché non mi piace parlare di ciò che non conosco), ma immaginiamo una persona meno lucida, con difficoltà emotive, con una dissociazione traumatica in atto, in cerca di rassicurazioni quali pericoli può correre.
Quanto possiamo affermare che spesso chi prende in cura queste persone rischia di ri-vittimizzarle? Accade già nei tribunali o nelle caserme che non riconoscano una vittima da un carnefice o una collusione tra i due e se nemmeno le figure di sostegno riescono a proteggerli dai pericoli, il rischio è di fargli risperimentare l’impotenza, attraverso una regressione infantile in cui non si sente capita e viene forzata a fare cose che la fanno stare peggio. Sapete contro chi si scaglierà quella rabbia? Verso la figura di aiuto in questione o verso loro stessi.
Una persona può impazzire, perché non viene creduta a quel punto il gioco è fatto. È pazza. La colpa è sua.
Cosa succede dopo?
Chi si prende la responsabilità di questi fallimenti?
Anche i colleghi psicologi, psicoterapeuti o psichiatri poco esperti possono sbagliare, ad esempio quest’anno io ho ripreso a lavorare con tre mie ex pazienti, che per motivi economici si sono rivolte alle piattaforme online a basso costo molto in voga ora.
Queste piattaforme promettono interventi specializzati a basso costo, ma di fatto utilizzano solo degli strumenti informatici, pari a quelli dei “match sulle applicazioni di incontri”, per darvi una sorta di illusione di poter avere uno specialista con un click e pagando poco.
La verità è altra, questi grandi colossi dell’economia virtuale, non sono del settore, sono imprenditori e investono generando macrostrutture per lucrare sulla carenza di servizio psicologico pubblico, di fatto deprezzando al qualità del servizio privato e non sostituendo minimamente la carenza del servizio sanitario nazionale.
Molti colleghi ci cadono, per paura di non avere pazienti, perché magari fanno questo lavoro nel tempo libero per passione, perché sono in difficoltà e si lasciano sedurre dalla facilità con cui “ti trovano i pazienti” e si illudono cosi di “farsi conoscere”, ma di fatto non avete degli esperti, avete colleghi sottopagati, vincolati a contratti abbastanza rigidi e nella relazione terapeutica questo invalida tutto, perché si parte da una triangolazione pericolosa e da una scelta che si basa sulla svalutazione: del percorso, del paziente e dello psicologo.
Se a questo aggiungiamo un albo che si adegua sempre più alle esigenze di mercato invece che a quelle dell’ etica, otteniamo la ricetta attuale.
Dai racconti di alcune persone che ho intervistato emerge che i colleghi non hanno riconosciuto che accanto avessero dei potenziali offender… risultato: una quasi ci lascia le penne, perché lui le ha messo le mani al collo e attualmente la stalkera e la minaccia ancora. Un’altra ha tentato il suicidio, un’altra ancora è ricaduta in un vecchio matrimonio chiuso perché la collega riteneva che altrimenti sarebbe rimasta sola e ha scambiato la dipendenza della paziente e la classica fase ossessiva in cui l’ex partner abusante viene re-idealizzato con l’amore vero, cadendo nello stereotipo romanticizzato della psicologia dinamica.
Non sono cose che invento, ho raccolto qualche testimonianza anonima chiaramente, che vi lascio in appendice.
Sbagliamo noi, figuriamoci chi è meno preparato.
Non si tratta di accusare counselor, life coach relazionali etc. perché se questi studiano (ci si augura almeno in una scuola di counseling) e se lavorano bene, possono rappresentare un buon sostegno iniziale affinché la persona (se verte in gravi difficoltà) trovi successivamente un terapeuta adatto e spesso queste figure, collaborano proprio con terapeuti. Diverso il caso di chi non conosce e non sa definire l’area delle sue competenze e non può (o non vuole) beneficiare di un supervisore psicologo o psicoterapeuta.
Affrontare questo tipo di trauma, come i disturbi mentali in generale, richiede una competenza specifica, un lavoro di equipe nel quale le figure secondarie possono essere un arricchimento, ma non la scelta d’elezione. I terapeuti inoltre devono avere accumulato competenza tecnica ed esperienza clinica. Devono saper fare una diagnosi, devono capire chi hanno davanti o almeno sapere a chi indirizzare un caso che non possono seguire.

 

Qual è quindi il rischio di affidarsi a Figure Non Specializzate?
Rivolgersi a figure non specializzate nel trattamento del trauma da abuso narcisistico comporta rischi significativi per la persona in cerca di aiuto. Le figure secondarie, appassionate ma non adeguatamente formate, potrebbero non essere in grado di riconoscere le complesse dinamiche abusive all’interno di una relazione. Questo potrebbe portare a una sottovalutazione dei rischi reali che la persona corre, inclusi quelli legati alla sua sicurezza fisica e emotiva.
Inoltre, un terapeuta non specializzato potrebbe non riconoscere un potenziale offender, o i sintomi specifici del Disturbo da Stress Post-Traumatico Complesso (C-PTSD) associato al trauma da abuso narcisistico. Il C-PTSD è caratterizzato da una serie di sintomi persistenti, come flashbacks intrusivi, iper-vigilanza, difficoltà nei rapporti interpersonali e sensazione di impotenza, che richiedono un trattamento mirato e competente da parte di professionisti esperti nel campo del trauma.

Conclusioni
In conclusione, è fondamentale rivolgersi a psicologi, psichiatri e psicoterapeuti specializzati nel trattamento del trauma complesso per garantire un intervento terapeutico adeguato, sicuro ed efficace. Questi professionisti hanno una visione integrata della psicologia, uniscono alla terapia di riabilitazione psicologica, l’utilizzo contemporaneo di tecniche somatiche o senso-motorie, ad esempio la Meditazione di Consapevolezza, La Mindfullness L’EMDR La Bioenergetica e/o anche il supporto psichiatrico farmacologico ove necessario, perché spesso tutte queste tecniche da sole non funzionano. Ci si riesce senza spendere un capitale.
Si può fare. Lo so è pesante, impegnativo, ma meglio una cura non fatta che una cura fatta male, perché potrebbe addirittura peggiorare il nostro stato emotivo o fisico.
Se poi economicamente non è sostenibile, per fare terapia psicologica ci sono strutture e consultori a prezzi sociali o le scuole di psicoterapia familiare che offrono terapie a costi moderati.
Investire nella consulenza di esperti (e valutarne la reale preparazione ed integrità morale) è un passo essenziale verso il recupero e il benessere emotivo dopo un’esperienza così devastante come il trauma, qualsiasi sia l’abuso (psicologico, emotivo , affettivo o sessuale).
Se voglio confrontarmi su temi sociali, esistenziali, avere un dialogo in tal senso posso rivolgermi a un counselor filosofico, come a uno psicoanalista o uno psicologo con approccio umanistico esistenziale o relazionale integrato, se ho bisogno di un supporto per un problema di vita comune e lo cerco di qualità, va bene il counselor, se mi occorre una mediazione familiare il mio avvocato mi indirizzerà da un buon mediatore, che tuttavia deve saper capire se la mediazione sia possibile. Se ho un problema sessuale serve uno psico-sessuologo individuale o di coppia, perché il sex coach, (ne ho vista una che propone le più svariate pratiche di apertura sessuale e pratiche sado-maso come forma di evoluzione sessuale), non va bene e potrebbe incentivare esempio, una ragazza vittima di abusi a perseguire nella sua relazione pericolosa e sadica con il suo abusante. Solo uno psico-sessuologo esperto può accorgersi se state facendo un gioco di coppia innocente e condiviso o se ci sono dei rischi.
Potrei continuare ore, ma sono noiosa.
Questo articolo alla fine, ha un non so che di romantico e auto-celebrativo, beh no non ne usciremo mai :-D, questo Io Ipertrofico ci protegge, ma almeno impariamo ad usarlo per non ledere e per fornire a noi stessi e alla comunità di appartenenza qualcosa di utile, con umiltà, dedizione, impegno.

In dubiis abstine: «nel dubbio astieniti», ma come sappiamo: «La causa fondamentale dei problemi è che nel mondo moderno gli stupidi sono sicuri di sé mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.» (Bertrand Russell)

Dedico questo articolo al mio maestro e terapeuta; diciamo che se non fosse stato per lui io ero vicina alla scelta di smettere di esercitare, dato che in questo caos anche io ero vittima, non riuscivo più a trovare qualcuno che avesse la stessa visione della psicologia clinica banalmente una persona seria pignola e preparata, che si incazza per ciò in cui crede, severo, esigente con se stesso in primis; non il solito nome affermato che si presenta come tale, ma poi ci prova con te oppure ti delude perché di base è solo uno scrittore e non un terapeuta, spesso non sembrano neanche persone reali. Tutti fake. E’ vero tutti ci deludono nessuno è perfetto, e io idealizzo, ma la fiducia costruita sta nella certezza che tra l’ambivalenza delle parti buone e cattive percepite, vincono quelle buone. L’idealizzazione sana porta generatività, quella malsana alla distruzione di qualcosa o di qualcuno.

“Una buona terapia è una mimica ben riuscita di una relazione sana sufficientemente buona, in cui questa mimica non altera il senso profondo di umanità, realismo e brutale verità”. SM

Una relazione sana in generale invece è quella in cui possiamo guardare insieme in un abisso, senza avere paura o agire in nome di quella paura. Entrambi restano o tornano, sono liberi. La vera intimità è costituita dalla capacità di tollerare la verità. E per questo il mio pensiero va anche a D. poiché dagli abissi siamo riemersi e negli abissi a volte nuotiamo, ma pur sempre mano nella mano.

Qualche testimonianza di persone che si sono rivolte alle piattaforme online:
.”Ho contattato …… per un supporto post rottura di una relazione tossica con un uomo manipolatore e maltrattante. Mi hanno assegnato una psicologa, psicoterapeuta molto carina e gentile che tuttavia non ha compreso il problema, sottovalutando i maltrattamenti fisici e psicologici che ho subìto in un anno, riducendo il mio “problema” ad una mancanza di autostima e con consiglio di guardare il “bicchiere mezzo pieno.”
..”Ho contattato …… per un supporto in un momento delicato di separazione dal mio compagno e la psicologa che mi hanno assegnato come indicazione mi ha detto di prendermi cura di me stessa, comprando abbigliamento e altre cose nuove.
…”Ho contatto …… per un sostegno in un momento un po’ spento della mia vita e ho lasciato dopo pochi incontri perché non avevo giovamento dagli incontri che mi sembravano superficiali e non supportanti”.

SM

Dottoressa Silvia Michelini