Che relazione c’è tra narcisismo e vergogna?
A tutti è capitato di provare vergogna; tutti condividiamo la paura di sentirci fragili, impotenti e questa paura è spesso legata al nostro passato.
Durante una terapia (o semplicemente attraverso l’esperienza), ci capita di scoprire quali possano essere i motivi per cui proviamo vergogna oggi, ma rivangare il passato, compiangerci, compatirci, serve a poco.
Tutta la rabbia che proviamo dopo esserci resi conto di essere stati psicologicamente abusati oppure traditi, abbandonati non serve a valutare l’entità del “danno” arrecato alla nostra IDENTITÀ’ e neanche a garantirci che qualcuno lo risanerà.
Quando un bambino cresce, procede per IMITAZIONE: osserva i suoi genitori, gli amici, gli insegnanti e si chiede..: “Il mondo da me cosa desidera”? “cosa si aspettano queste persone da me?, mi amano per ciò che sono o per quello che dare o essere per loro”?
Un bambino – fragile e ancora in viaggio verso al ricerca del suo vero Sé – osserverà LA REAZIONE sul volto dei suoi cari per valutare se SI STA COMPORTANDO BENE.
In linea generale, se un genitore ha una buona autostima e ha lavorato sugli schemi di relazione disfunzionali del suo passato (intergenerazionali) saprà come bilanciare la ricerca del bambino della sua identità e l’esigenza della società di conformarlo a degli standard socialmente condivisi, ivi incluse le aspettative familiari riguardo il suo comportamento e il suo futuro.
Un genitore sano è un genitore che assolve alla sua funzione RIFLESSIVA ovvero sa fare da specchio al figlio senza proiettare in esso la sua stessa immagine o quella che la società si aspetta e senza criticarlo continuamente col fine di motivarlo o spronarlo.
Se lo specchio del mondo riflesso negli occhi dei nostri genitori, rimanda a continue critiche, svalutazioni e in generale negatività e rifiuto, il Sé del bambino va in frantumi e il suo processo di individuazione si arresta, lasciando spazio alla creazione di un FALSO SE COMPIACENTE.
La nostra sopravvivenza emotiva e fisica dipende da quanto piacciamo ai nostri genitori e in seguito AGLI ALTRI, ALLA SOCIETÀ’.. A TUTTI, tranne che a noi stessi.
Gli schemi relazionali, affettivi e comportamentali disfunzionali si ereditano e si trasmettono di generazione in generazione sulla linea femminile (madre) o maschile (padre).
Il grado di vergogna che proviamo dipende quindi da quanto era negativo lo specchio in cui ci riflettevamo e dalla gravità dell’abuso ricevuto.
L’abuso fisico (maltrattamenti o sessuale) è il peggiore, poiché determina una gravissima ferita narcisistica che si riscontra in un costante senso di profonda umiliazione.
L’abuso psicologico non meno grave, avviene quando un bambino cerca rassicurazione, affetto ma sperimenta costantemente il rifiuto, la critica, l’istigazione alla competizione, il paragone, l’abbandono oppure la tensione e l’instabilità mentale o emotiva del suo care-giver.
In tal senso la psicoterapia è il primo importante passo da fare per iniziare il viaggio verso la nostra individuazione e implica la disillusione dal modello perfezionistico di famiglia e amore.
Non a caso in terapia, all’inizio mi dite sempre che LA VOSTRA FAMIGLIA NON HA PARTICOLARI PROBLEMI, poi dopo qualche settimana iniziate a tirare fuori delle esperienze e mostrate le vostre ferite, senza che però neanche vi rendiate conto di averle.
Arriva un momento in cui ci accorgiamo di cosa siamo capaci per amore, fin dove arriveremmo pur di sentirci amati e apprezzati e di quanto alcuni genitori (narcisisti) si approfittino di questo.
L’induzione alla vergogna è una modalità attraverso la quale la Chiesa, la scuola e la famiglia hanno ADDOMESTICATO i bambini.
Per carità una buona dose di contenimento, regole, presenza e asimmetria nella relazione è assolutamente necessaria per insegnare al bambino come autoregolarsi e vivere in una società, ma la REPRESSIONE VIOLENTA è altro.
Miller chiamava questa forma di pedagogia la “pedagogia nera”. (per approfondimenti http://www.naturalchild.it/alice_miller/lpdb.php).
Quando l’assetto della vergogna si è impiantato nel nostra psiche abbiamo solo due strade oscillare tra due poli yin/yang-attivo/passivo-up/down ovvero gonfiare il nostro ego o sentirci a terra.
Lo stato di “compensazione” implica un Io ipertrofico ovvero cosi strutturato e difeso, da non permettere neanche ad una traccia dell’antica vergogna di riemergere. (mania).
Nello stato di “decompensazione”, l’l’Io si auto-sabota (sabotatore interno) e le nostre difese crollano sotto i colpi delle incessanti critiche e svalutazioni operate dal nostro incessante “negative self-talk” (monologo interno negativo/ RUMINAZIONE).
L’energia è bloccata e invece di fluire ci sentiamo repressi, timidi, isolati; nelle relazioni non ci sentiamo mai noi stessi, ci paragoniamo agli altri, ci condanniamo, ci perseguitiamo.
E allora perché non smettiamo? Semplice perché quello è il nostro imprinting (la memoria emotiva è la più radicata ed è stato scientificamente provato essere ciò che alimenta maggiormente la nostra motivazione rispetto al pensiero) e siamo così abituati a sentirci umiliati e sottomessi, da non ambire neanche a credere di poter essere qualcosa di diverso.
Per questo ricerchiamo inconsciamente nel nostro ambiente situazioni, relazioni o contesti che ci rimandino sempre l’immagine negativa che abbiamo di noi stessi (narcisismo inverso o masochistico).
RICERCHIAMO RELAZIONI CHE CI PERMETTANO DI ACCEDERE MAI VERAMENTE ALL’INTIMITÀ’ (confidenza, fiducia) CON L’ALTRO, poiché l’intimità ci riporta allo stato di dipendenza originario del bambino abusato.
Se vuoi interrompere questa catena, è importante lavorare sul percorso di individuazione e consapevolezza emotiva, liberarti dagli schemi, le sovrastrutture del pensiero, i condizionamenti sociali (paura della morte, perfezionismo, consumismo..) risalire alle antiche ferite emotive, accettarle, perdonare e PERDONARTI e metterti in viaggio con coraggio, perseveranza, umiltà e pazienza.
CREDIMI, NON E’ COLPA TUA, ma proseguire ad utilizzare le tue ferite come scudi, ti salverà dal dolore, ma ti impedirà di accedere alla luce e al tuo respiro libero.
SE SEI INTERESSATO AD APPROFONDIRE LA TEMATICA DELLA CONSAPEVOLEZZA EMOTIVA IN RELAZIONE ALLA SOFFERENZA PSICOLOGICA e AL TRAUMA RELAZIONALE, FORSE PUÒ’ INTERESSARTI IL MIO ULTIMO E-BOOK:
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Dottoressa Silvia Michelini