Dott.ssa Silvia Michelini     info@vittimedinarcisismo.com

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Che differenza c’è tra narcisismo sano e patologico?

Cosa contribuisce a determinare lo sviluppo di una personalità narcisistica patologica?

Il narcisismo è una malattia? E se si, essa riguarda l’uomo, la società/l’ambiente o il modo in cui l’uomo si rapporta ad essa?

Che influenza hanno la società e i mass-media sul rinforzo di comportamenti non empatici a scapito della pro-socialità?

E i genitori che ruolo hanno nell’educare i propri figli?

Il narcisismo è determinato biologicamente oppure è il risultato dell’interazione di un mix di cause scatenanti – tra cui fattori genetici predisponenti, gravi traumi affettivi e l’esito di una relazione compromessa con il proprio ambiente sociale e culturale?.

A livello educativo, la società occidentale è passata da uno stile autoritario repressivo ad uno lassista permissivo, per questo le famiglie (e in generale le istituzioni), oggi fanno più fatica a far comprendere ai più giovani l’importanza di sapersi porre dei limiti e rispettare le regole.

Si può quindi ipotizzare un nesso causale tra la caduta dei valori morali, l’affermarsi all’interno della società post-moderna di filosofie positiviste che promuovono il successo, la felicità forzata e la visibilità a tutti i costi, la confusione e/o l’assenza di riferimenti e/o ideali e lo sviluppo (o il rinforzo) di personalità narcisistiche.

Dagli anni 70 ad oggi, non c’è stato tempo di elaborare i fallimenti educativi del metodo autoritario, perché i seduttivi e languidi anni’ 80 ci hanno catapultato nell’illusione capitalistica e sottomesso velocemente alla logica della realizzazione estrema, del consumo e dell’apparenza; per questo, pretendere la felicità è divenuto un diritto imprescindibile.

La felicità a “tutti i costi” è la risposta alla ferita narcisistica del “la felicità va meritata” ed è la vendetta che molti genitori degli anni 70/80 hanno consumato iniziando ad educare i loro figli, attraverso una sorta di filtro emotivo di rivalsa narcisistica: “lei/lui deve avere tutto quello che io non ho potuto avere, deve studiare quello che io non ho potuto studiare, (deve cioè realizzarsi al posto mio) e in ogni caso deve avere successo, candidarsi all’iper-competenza fluida, sapersi destreggiare in molteplici attività, suonare, cantare, parlare le lingue a 3 anni..etc etc..

I bambini  oggi, infatti, sono oberati di impegni, trattati da adulti, iper-stimolati – in un clima di perenne iperattività genitoriale – senza che sia data loro la possibilità di beneficiare della necessaria calma per crescere, senza che siano rispettati i ritmi biologici, i ruoli, i confini, necessari per aiutali a sviluppare la loro creatività; i bambini  hanno  bisogno di noia e vuoto per poter imparare ad auto-regolarsi e sviluppare le abilità mentali di INSIGHT.

Vuoto e senso di noia cronico, sono infatti due della caratteristiche cardine del narcisismo patologico.

Il metodo repressivo, impone un NOI al di sopra dell’io, il metodo lassista e narcisistico invece – impone l’Io su tutto.

E allora chi comanda? Io o te? Io o Noi? Io o l’altro?

La risposta narcisistica sarebbe IO, la risposta depressiva sarebbe LORO. La via giusta come sempre è quella di mezzo.

La risposta alla violenta repressione operata dai metodi educativi autoritari sui giovani quindi –  è stata più una REAZIONE, che una vera soluzione.

La ribellione (letteralmente tornare al bello) è un atto di libertà sacrosanto, che tuttavia in assenza di una reale progettualità, rischia di restare un mero atto scenico a cui non segue alcun fatto, alcun valore, nessun sogno.. nessun obiettivo, tranne quello dell’Io.

Nel modello educativo autoritario, i bisogni profondi dei bambini non sono considerati, esiste un’autorità preposta che domina, che pensa a tutto e quindi “Io non conto” se non in misura della mia relazione con l’autorità e di quanto riesco ad accontentare i miei genitori quali rappresentanti della società stessa e a soddisfare le aspettative che essi ripongono su di me.

Da queste premesse, nasce un Falso Se su base compiacente del genitore e non vi è spazio per una vera individuazione.

Il modello rigido, così come una stampella,  è limitante, ma utile nel caso in cui tu voglia appoggiarti: il sistema repressivo invece, schiaccia, deprime, rende dipendenti, poco intraprendenti, ma in cambio, sostiene e guida le persone indicando loro cosa è giusto e cosa non.

Alice Miller, a tal proposito ha scritto un libro bellissimo: “La persecuzione del bambino. Le radici della violenza” in cui descrive questo modello definendolo PEDAGOGIA NERA.

Attraverso una rassegna di testi pedagogici degli ultimi due secoli, Alice Miller illustra i raffinati metodi di persuasione occulta messi in opera nella nostra civiltà per piegare l’impetuosità e la caparbietà del bambino e indurlo a identificarsi con il progetto educativo dei genitori.

Il bambino, costretto a reprimere la propria aggressività, non saprà da adulto reagire alle ingiustizie sociali e potrà accettare senza opporsi le imposizioni di sistemi totalitari: esempio estremo è il nazismo, con la caratteristica divaricazione tra la protervia dei capi e l’acquiescenza del popolo tedesco. Tratto comune a coloro che hanno subìto un’educazione repressiva è la necessità di riempire con esperienze abnormi il vuoto lasciato dalla rimozione emotiva e dalla perdita dell’identità.

In definitiva, l’educazione costituisce sempre – per la Miller – un mascheramento di reali rapporti di potere e di bisogni propri dei genitori; l’unica possibilità per il bambino di crescere senza traumi e di sviluppare le proprie potenzialità creative rimane legata a un comportamento empatico e rispettoso dei genitori nei suoi confronti (fonte Google Books).

La risposta ai modelli repressivi tuttavia, non è stata la promulgazione di un modello AUTOREVOLE,ma LASSISTA.

Il modello autorevole infatti è l’unico in grado di rispettare i bisogni e l’individualità del bambino in presenza però di regole e confini ben precisi.

Oggi, per questo motivo, l’interesse per il narcisismo e la personalità narcisistica è molto alto.

Siamo nell’epoca dell’auto-esaltazione, del trionfo dell’Io, dei corsi stile yes-man per ottenere maggiore successo, per auto-determinarsi e per salvarsi, da se stessi ma soprattutto dall’altro, anzi spesso, a scapito dell’altro.

Attraverso i mass-media si trasmettono culturalmente schemi di pensiero basati sulla percezione di estrema vulnerabilità dell’Io (hai bisogno di questo, devi essere sempre sano, sempre bello.. etc) e questo determina nell’individuo una maggiore propensione alla dipendenza, al consumo e al conformismo sociale e pertanto una più semplice governabilità.

Le relazioni non sono più percepite come occasioni di crescita, ma come un LIMITE, un pericoloso ostacolo all’incessante bisogno dell’Io di espandersi.

Le relazioni sono veloci, liquide, idealizzate e strumentali; il rapporto con l’altro è paragonato ad un rapido consumo, un affare da concludere, un progetto come un altro, dal quale disimpegnarsi velocemente, qualora qualcosa non vada come è scritto nel grande libro della perfezione narcisistica.

vince il più forte, il più bullo, vige la logica della violenza estrema.

Si preferisce sognare l’amore anziché viverlo, sognare una vita migliore piuttosto che vivere quella che abbiamo, deprimersi piuttosto che rischiare di gioire e il tempo è divenuto sempre più un tiranno, perché non ne abbiamo mai, perché rabbrividiamo al sol pensiero di invecchiare e morire; per questo, vogliamo conservarci intatti, giovani e belli e soprattutto evitare di DARE AGLI ALTRI, in questa affannata corsa al personale salvataggio egoico, in cui le energie sono poche e siamo molto lontani dal perseguire ideali quali il NOI, il senso etico di appartenenza, di lotta e di CONDIVISIONE.

Volersi bene è sano, realizzarsi, prendersi cura di se, farsi belli, apparire, amarsi, ma esiste un limite oltre il quale questa tendenza ci rende isolati e aridi.

La società contemporanea rinforza l’atteggiamento narcisistico, proponendo modelli culturali ed educativi basati sull’iper stimolazione mentale orientata a generare fame di novità perenne, che rende a sua volta, dipendenti dal consumo.

La società ci impone di desiderare (cose, persone o status symbol) che in assenza di quella spinta sociale non avremmo; la società moderna ci allontana dalla nostra biologia, dai nostri ritmi, dalla nostra vera natura e per questo, CI AMMALIAMO, (sia mentalmente che fisicamente).

Si ammala il senso più vero dell’umanità e cioè la pro socialità e la relazione intima uomo-natura; l’essere umano è un essere sociale, che vive e funziona bene in piccole comunità organizzate ed illuderlo (all’interno di questa visione comunitaria) di poter accedere a quello che Freud chiamava IL TOTEM (lo scettro del potere – Totem e Tabù), ha determinato la diffusione di una sorta di “autismo fallico”, di perdita del Super-Io, del rispetto edipico di autorità e ha generato ( in questo processo) –  un esercito di obesi psichici in perenne tensione erettile, che si sgretolano sui loro desideri più velocemente di neve al sole, in assenza di vera passione, di creatività e motivazione, in un vuoto esistenziale incolmabile.

A quel punto…

Non vi sono più indicazioni, ma solo strade.

Non vi sono più guide, ma solo incantatori e venditori.

Non vi sono più mani aperte ma solo figure che si allontanano di spalle.

Non vi sono più genitori ma solo fantocci di adulti in cui stagnano bambini affamati, arrabbiati e capricciosi.

Non vi è più fede nel mondo esterno, ma solo paura, egoismo e desiderio di proteggersi

Non esistono più stanze abitabili, ma solo facciate.

Non esistono più fondamenta, ma solo funamboli

La società attuale promuove quindi il narcisismo, soprattutto quello overt e condanna e persegue gli introversi, i sensibili, gli empatici e i depressi/melanconici.

Il narcisismo è lo specchio rotto della paura di mostrarsi fragili e vulnerabili e le relazioni malsane che le persone oggi creano (co-dipendenza affettiva) ne sono solo una rappresentazione scenica altamente drammatica.

Ci si sfida, si entra in competizione con l’altro, lo si vuole sfruttare, ma quando arriva il momento di DARE, di mettersi in gioco, iniziano le proteste, i tradimenti, gli abbandoni oppure se si DA qualcosa successivamente si entra in una fase di recriminazione; il vittimismo è la punizione per quanto è stato dato e concesso e per l’assenza di un riscatto morale, gratitudine o esaltazione delle proprie qualità umane.

Anche dietro all’altruismo quindi, si cela pericoloso e insinuante il germe dell’Ego, del narcisismo nascosto/covert; dare o immolarsi all’altro è solo un modo per spiccare sugli altri (vantaggio masochistico dell’ auto-sacrificio.).

Sia che si approcci in modo OVERT o COVERT la risposta narcisistica è la medesima, cercare di evitare di rapportarsi a un Io fragile e sottomesso, costruirsi una maschera di invulnerabilità dietro la quale non si soffre, on si perde mai, non si rischia, non ci si invischia e di fatto, non si vive.

Questa è una società morta, perché in essa è morto “il padre” e cioè la fede, intesa come fiducia nell’altro e nel mondo, la possibilità di salvarsi, ma anche il timore di una “punizione divina” e con essa la sensazione che sia utile e giusto sacrificarsi per qualcosa di più alto.

E’ una società in cui muore anche la “madre” e cioè il senso profondo di appartenenza e condivisione emotiva e con essi, la sensazione che prendersi cura sia un atto meraviglioso piuttosto che una odiosa privazione.

Per questi motivi, è sicuramente doveroso prendere atto del grave rischio connesso allo sdoganamento eccessivo delle condotte narcisistiche (viste come lecito diritto di godersi la vita a tutti i costi) inseguendo un piacere perenne ed evitando qualsiasi tipo di frustrazione al suo raggiungimento.

I modelli educativi di oggi quindi, non possono prescindere dalla rieducazione emotiva e comportamentale dei genitori e delle figure educative (insegnanti etc..) in primis e dovrebbero essere basati non più solo sullo sviluppo cognitivo (delle abilità intellettive), ma soprattutto su quello psico-affettivo, inteso come acquisizione e rafforzamento della capacità empatica e del linguaggio emotivo, in particolar modo per quanto concerne l’educazione emotiva e al controllo degli impulsi.

Studi recenti dimostrano infatti –  che alla base dei disturbi del controllo degli impulsi e della condotta, (DOP -disturbo oppositivo provocatorio, DPA disturbo di personalità antisociale, DEI disturbo esplosivo intermittente, DC disturbo della condotta) vi è una forte disregolazione emotiva e che la causa è da ricercarsi nell’interazione tra fattori genetici predisponenti (temperamenti difficili /iracondo, irritabile etc.. /minore attivazione dell’insula cingolata anteriore), fattori ambientali (condizioni socio-economiche svantaggiate/carenza di supporto pedagogico educativo) e affettive (traumi affettivi precoci, maltrattamenti, deprivazione emotiva).

Le problematiche connesse alla disregolazione emotiva sono poi la base per lo sviluppo in età adulta di personalità problematiche definite “limite” come quelle del cluster B (caratterizzate da alta emotività e scarso controllo degli impulsi): antisociale, narcisistica, borderline, istrionica.

A tal riguardo, la psicologia moderna ha realizzato dei protocolli di trattamento specifici per il controllo degli impulsi, che si basa sulla sollecitazione delle funzioni cerebrali superiori (funzioni di autoregolazione e integrazione dei due emisferi) attraverso la meditazione, l’analisi delle situazioni, il role play (mettersi nei panni dell’altro) e la valutazione costi benefici a lungo termine di un’azione.

Anche la scuola dovrebbe aggiornarsi, proponendo modelli educativi e pedagogici più soggettivi, basati sulle nuove forme di intelligenza del bambino e sulla neuro diversità (intelligenze diverse), che non è un handicap, come lo si vuol mostrare (ADHD, DSA..), ma solo il sintomo dell’inadeguatezza dei vecchi metodi educativi sui bimbi di oggi, che a casa non sempre possono beneficiare di figure di riferimento valide e costanti o equilibrate da un punto di vista emotivo (stressa lavorativo, solitudine, divorzi, gap generazionali, disoccupazione…).

I genitori lavorano sempre, sono molto orientati a restare giovani, non riescono a realizzarsi e hanno un atteggiamento assai delegante, sia verso la scuola che verso i nonni.

RISULTATO? Bambini sempre pieni di cose da fare, delegati a scuole, palestre o ludoteche.

L’obiettivo dei metodi educativi basati sulla regolazione emotiva e la soggettività intellettiva, è quello di aiutare le persone a non essere eccessivamente impulsive, perché spesso REAGIRE non significa essere spontanei, ma semplicemente  in preda alle proprie emozioni (disgregolato).

La disregolazione emotiva può indurci ad assumere comportamenti distruttivi/autodistruttivi e quindi a fare scelte compromettenti per il nostro benessere. Si valorizzano invece l’istintività e l’intuizione come potenti alleato lungo il proprio cammino, cercando di favorire l’integrazione funzionale tra i due emisferi (destro/sinistro), superando quindi il conflitto razionalità emozione che è tipico della “scissione” esistenziale dell’uomo moderno.

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