Quando si parla di narcisismo, si tende sempre a parlare di vittime e carnefici e a scindere in modo netto e generalizzato le responsabilità all’interno di una relazione caratterizzata da abuso emotivo o psicologico e – nei casi più gravi – fisico.
Rare volte però, si evidenziano le dinamiche di collusione e cioè di reciproco inconscio vantaggio che entrambe le persone traggono da una relazione, qualsiasi essa sia, amicale, familiare, di coppia, genitoriale.
Insomma se ti fa del male, se ti tratta male e te ne lamenti, perché ci stai? Se tua madre ti ignora, ti dice apertamente che ti odia, perché ancora stai li a farti abusare? perché ancora la cerchi? Ok.. certe relazioni sono fondanti la nostra identità e ci resta più difficile chiuderle, perché chi uccide la madre uccide se stesso, ma allora perché non tracci dei confini? E perché torni da quel ragazzo/a, amico/a, professore anche quando è evidente e scontato che ti ferirà?
La risposta è semplice perché anche tu sei narcisista, vorresti essere quel motivo speciale ed unico perché lui/lei cambi, vorresti essere riconosciuto/a nel tuo valore e ottenere gratitudine…vorresti che quella persona cambi idea e che dall’alto della sua indifferenza, si accorga non degli altri, ma di te! quindi anche tu sei narcisista, ma in modo “inverso” e cioè masochistico-autosacrificale.
Esistono cioè dipendenti affettivi co-dipendenti e dipendenti affettivi narcisisti.
I narcisisti non sono immuni dalla dipendenza affettiva, cosi come dalle dipendenze in genere.
Narcisismo e masochismo sono solo due facce della stessa medaglia: un narcisista è un nano che si maschera da gigante, un masochista spesso un nano che per sentirsi un gigante cerca di sfidare un gigante.
Sono entrambi nani.
Come diceva Renato Zero:
“è meglio fingersi acrobati che sentirsi dei nani
Spendere tutti i sogni eludendo i guardiani
Finché il tuo cuore intatto
e il tuo coraggio non mente
Ti ritroverai uomo dietro un fantasma di niente”.
La tua Idea
Renato Fiacchini / Piero Pintucci / Giulio Rapetti Mogol
Per questo, è giusto parlare non tanto di dipendenza affettiva, di persecutori e vittime, quanto di CO-DIPENDENZA e VANTAGGIO DEL SINTOMO.
Qual è l’inconscio vantaggio che le persone traggono dal mettere in atto comportamenti evidentemente sbagliati, rigidi, automatici, istintivi in nome della loro spontaneità, bontà o modo di essere?
Qual è il confine tra altruismo e masochismo?
Si definisce co-dipendenza la tendenza a dipendere da una personalità disturbata, pur avendo degli strumenti per comprendere che quella relazione (amicale o familiare o di coppia) è estremamente negativa per noi.
In questa situazione una persona (spesso con personalità depressa, dipendente o borderline) si lascia controllare, manipolare, maltrattare da un’altra, (solitamente narcisista, borderline o in generale disagiata), perché letteralmente si matura una “tossicodipendenza” dall’altro, sia che si tratti di aiutarlo/a perché sfortunato/a o malato/a oppure di controllare come si comporta, cosa fa, cosa pensa etc..
Questa condizione non è molto indagata in psicologia perché la “dipendenza affettiva” è un sintomo, che può assumere varie forme a seconda di chi lo manifesta e cioè è semplicemente la manifestazione comportamentale e relazionale di patologie affettive ben più radicate e non è quindi la radice psicodinamica della nevrosi/psicosi stessa.
Il primo ad interessarsi di delineare alcune linee guida per l’individuazione di questa particolare forma di dipendenza fu Cermak (1986), io ho cercato di riassumere vari punti, descritti anche in altri testi come quello della Norwood “Donne che amano troppo” e che descrivono alcune caratteristiche del co-dipendente e del dipendente affettivo in generale
- Ipercontrollo di se stessi o dell’altro nonostante questo implichi serie conseguenze negative.
- Autostima carente e legata al concetto di controllo dell’altro, intesa come guarigione “sono riuscita a farlo/a stare meglio”.
- assunzione di responsabilità per l’altro, anche quando non richiesta;
- disinteresse per i propri bisogni, priorità alle esigenze dell’altro;
- distorsioni del confine di sé in situazioni d’intimità e di separazione;
- coinvolgimento in relazioni con soggetti affetti da disturbi di personalità, dipendenza da sostanze, altra dipendenza o disturbi del controllo degli impulsi.
- Traumi pregressi: abuso psicologico o emotivo o fisico subito in infanzia o anche più recente con tendenza alla ri-traumatizzazione quale forma di coazione a ripetere;
- Tendenza a sottostimare i segnali di disagio fisico o emotivo e a proseguire relazioni tossiche cosi come un tossicodipendente ignora i segnali/effetti collaterali dell’assunzione di una sostanza tossica.
- Innamorarsi dell’amore e cioè del progetto, del sogno d’amore, di come potrebbe essere quella coppia solo se lui/lei cambiasse.
- Immaturità affettiva che fa valutare divertente e attraente una persona problematica e noiosa una normale, da li la considerazione del masochista come “narcisista inverso”.
- Ostentazione di grande capacità di amare, quando alla base del legarsi con persone che non sanno amare c’è anche e soprattutto, l’incapacità, forse, di sapere amare in una relazione sana.
- difficoltà a stabilire confini definiti e sani con l’altro, con tendenza a invadere e a farsi invadere dall’altro;
- convinzione che il valore delle persone si valuti da quanto soffrono e sopportano
- pessimismo cosmico: la vita è sofferenza
- schemi comportamentali legati alla sottomissione al sacrificio estremo come forme di valore umano.
- difficoltà a riconoscere i propri bisogni, chi si è, cosa si sente;
- persistenza nel prendersi cura dei bisogni e desideri altrui a costo di dimenticare e a trascurare se stessi;
- permanenza in una relazione primaria con un soggetto dipendente o abusante per almeno 2 anni senza richiedere un aiuto esterno.
Sintomi psicologici, conseguenze:
- Freezing emotivo: persone desensibilizzate da un punto di vista emotivo.
- depressione;
- ipervigilanza;
- compulsione;
- ansia;
- abuso di sostanze;
- sintomi psicosomatici
Co-dipendenza e Irrelationship due cose diverse (Beattie, 1986)
La co-dipendenza per Beattie è una condizione psicologica personale, ma anche una modalità di condurre una relazione e quindi un modo di relazionarsi.
Secondo Beattie (1986) è importante infatti, distinguere tra co-dipendenza e “Irrelationship”.
Il codipendente è una persona che – pur di non occuparsi delle sue ferite, si dedica in modo ossessivo agli altri e per questo permette in modo più o meno cosciente – che il comportamento dell’altro possa nuocergli e ripercuotersi negativamente su se stesso o sugli altri (esempio familiari, figli, etc.).
La co-dipendenza specifica della relazione o IRRELATIONSHIP è invece un sistema difensivo che la coppia mette in atto per controllarsi a vicenda in modo compulsivo, per la paura e l’ansia di essere abbandonati e che peggiora man mano che la relazione assume importanza.
Salvatori, persecutori e Vittime: solo la faccia della stessa medaglia
Il triangolo drammatico di S. Karpman è un ottimo esempio per descrivere la co-dipendenza intesa come rigida modalità di relazionarsi con gli altri.
Secondo questa teoria all’interno di una relazione (qualsiasi essa sia anche quella con lo psicologo) si può incappare in una trappola e cioè quella di agire degli schemi rigidi e prestabiliti, quasi come in un gioco di ruolo.
I tre ruoli sono il salvatore, il persecutore e la vittima e possono essere incarnati a turno entrambe le persone che si relazionano.
Nel caso della co-dipendenza troviamo un salvatore cronico,
che basa quindi la sua autostima sul fatto di aiutare gli altri e dall’altra parte una persona che di base – non vuole essere aiutata oppure percepisce l’aiuto come qualcosa di offensivo: esempio un evitante, un narcisista o come qualcosa di estremamente intrusivo e soprattutto inutile (un borderline, un tossicodipendente, un oppositivo in generale).
Il salvatore ritiene che questa persone necessiti il suo aiuto e glielo fornisce anche contro la sua volontà, fino ad incaponirsi in modo ossessivo se l’altro si mostra “oppositivo al trattamento.
Il salvatore si sente a posto con la sua coscienza solo se aiuta gli altri perché alla base di questo atteggiamento c’è spesso un autostima ferita o una forte insicurezza o complesso di inferiorità e per questo si contorna di amici o partner con problemi o si dedica ai familiari con problemi.. insomma dove c’è un problema arriva lui/lei.
La vittima – in questo caso la persona con disturbi di personalità o dipendenze – si presta al gioco perché in quel momento sta male, ha un’autostima altrettanto bassa e per questo, il salvatore è un miraggio di salvezza per lui/lei.
Quel che non ha considerato è l’ossessiva ostinazione con cui il salvatore cercherà di aiutarlo/a anche quando lui o lei voglia “smettere”, ecco che il salvatore diventa persecutore e con la sua severità da genitore punitivo, si arrabbia, minaccia e svaluta fino a rinforzare la cattiva opinione che la vittima ha di se.
Notare che spesso questa “vittima” è il persecutore(narcisista, borderline, che mi descrivete in seduta con abili qualità diagnostiche – cioè una persona che si comporta male, ma che è evidentemente coerente per comportamenti e personalità, che non vuole essere aiutata e che si ribella con tutta se stessa e che per questo – a sua volta vittimizza voi; questo perché la maschera del persecutore è quella più semplice da indossare, anche per vendetta.
Alla fine di questa storia, il salvatore estenuato per l’impossibilità di cavare sangue da una rapa o per meglio dire di correggere un carattere ben definito che non ha nessuna voglia di cambiare, diventa la vittima assoluta delle ingiustizie del mondo: colei/colui che capisce tutti, ma viene trattato/a male, colei/colui che si dedica ai bisognosi senza alcuna gratitudine, cosa questa che implica di conseguenza, incomprensioni e a rapporti patologici.
Infatti l’ossessione di “salvare” gli altri, può essere vista come una vera e propria persecuzione in cui si cerca di controllare l’altro, correggerlo e colpevolizzarlo per ogni azione che compie fino alla fine ottenere la reazione di ribellione e di rabbia, che giustifica l’ipotesi di partenza “è senza speranza”.. “è pazzo/a”.
Bibliografia
- Erich Berne (1964): A che gioco giochiamo?
- Beattie, M. (1986). Codependent no more: How to stop controlling others and start caring for yourself. Center City, MN: Hazelden.
- Codependency – Medical Definition and More from, Merriam-Webster. URL
- https://www.slideshare.net/piccinininicola/dipendenza-affettiva
Grazie. I suoi articoli sono una manna dal cielo.
Grazie Laura, di cuore.
Mi impegno tanto.
Gent. Silvia, da un anno nel processo della lunga traversata fuori dall’inferno dell’abuso della mia ex che rientra in almeno uno dei disturbi del cluster B.
Ho letto gli articoli su questo sito e veramente dopo aver letto tanto e’ stata illuminante la precisione chirurgica con cui descrive il “mostro”..
purtroppo io non sapevo tutto cio’ e sono caduto nella rete, reagendo nel modo piu’ naturale … ossia quello sbagliato. Averlo saputo prima con chi avevo a che fare. Grazie per l’opera informativa ed il sostegno prezioso che date a chi cade in questi gironi infernali…
Grazie a Te! Con affetto.
Grazie per questo prezioso articolo esaustivo di ogni problematica.
grazie a Te per averlo letto!
Articolo Eccellente.
grazie. Ci metto il cuore, per questo mi fa piacere se li trovate interessanti
Grazie per questo articolo! Mi mancava il tassello finale che si incastrasse, per capire.
A questo punto avrei una domanda…considerato che io sono “quella che voleva salvare”, il soggetto che non vuole essere salvato come potrebbe comportarsi se trovasse appunto chi non lo vuole salvare? Sarebbe comunque disfunzionale? Perché sembra che manifesti questo atteggiamento come una ribellione verso chi lo vuole cambiare se non ho capito male
grazie del suo commento.
Un soggetto che vuole colludere sul tema della salvezza scapperebbe da chi non vuole salvarlo oppure entrerebbe in una relazione disfunzionale competitiva e distruttiva.
Buongiorno. Da tempo sono coinvolto in una relazione che ha parecchio del rapporto salvatore-vittima, nonchè del rapporto dipendente affettivo narcisista – dipendente affettivo. Io reciterei il ruolo del salvatore. Da qualche mese ho intrapreso un percorso di psicoterapia, perché ho accusato forti sintomi di depressione e ansia, e sto facendo una dolorosa introspezione. Vorrei sapere se, conducendo separati percorsi di psicoterapia, è possibile trasformare la relazione in un rapporto funzionale. Grazie.
Salve, chieda al suo psicoterapeuta che avrà certamente analizzato la gravità della situazione relazionale e clinica individuale dei due partner.
Quindi un codipendente può essere un narcisista covert? Se non ho capito male, Ross Rosenberg lo esclude.
Grazie dottoressa…. Le sue parole per me sono rivelazioni fondamentali… Vorrei approfondire la mia storia… Con lei… Come fare